È ormai confermato che la presenza delle mutazioni HLA-DQ2 o HLA DQ-8, insieme all’esposizione al glutine, siano da considerarsi fattori necessari per lo sviluppo della celiachia, ma comunque non sufficienti. Ciò vuol dire che, pur avendo tali mutazioni e consumando alimenti contenenti glutine, non è detto che la malattia si manifesti.
Per questo motivo, negli ultimi anni la ricerca ha cercato di comprendere sempre più a fondo i fattori implicati nella patogenesi della celiachia e dei disturbi glutine-correlati, nella speranza di migliorare sempre più i percorsi di diagnosi e trattamento. A tal proposito, di recente è stato approfondito il ruolo del microbiota intestinale nei disturbi legati al glutine. In particolare, sembrerebbe che una riduzione di batteri ad azione anti-infiammatoria come bifidobatteri e lattobacilli, insieme ad un aumento dei Proteobacteria, possano contribuire alla patogenesi della celiachia. Anche infezioni contratte nei primi mesi di vita potrebbero predisporre allo sviluppo della malattia celiaca, attraverso l’induzione di stati infiammatori e di disbiosi (Valitutti et al., Nutrients, 2019).
Come descritto in un nostro precedente articolo, la celiachia è una patologia auto-immune, che vede alla sua base una risposta immunitaria mediata sia da cellule di tipo B che T (qui abbiamo parlato della distinzione tra queste due categorie di cellule immunitarie). Il microbiota intestinale può contribuire a tale risposta immunitaria, modulando il metabolismo del glutine a livello intestinale e favorendo così la produzione di diversi metaboliti glutinici. Ciò vuol dire che determinate specie tendono a causare la produzione di metaboliti ad attività pro-infiammatoria, altri invece di metaboliti più inerti (“benigni”).
Un’ulteriore conferma della connessione tra microbiota intestinale e celiachia arriva da alcuni studi epidemiologici, che hanno dimostrato come esista una categoria di pazienti celiaci che, nonostante l’aderenza alla dieta senza glutine, continui a manifestare i sintomi tipici della patologia. Questi stessi pazienti sono caratterizzati da una composizione microbica intestinale completamente alterata, con variazioni significative tra coloro che manifestano i tipici sintomi gastrointestinali e coloro che hanno invece manifestazioni extra-intestinali, quali carenze di micronutrienti, emicrania o osteoporosi. Tali evidenze supportano l’ipotesi secondo cui il microbiota possa avere un ruolo fondamentale nella comparsa e nello sviluppo della celiachia (Akobeng et al., European Journal of Nutrition, 2020)
Nonostante queste evidenze, ad oggi mancano ancora degli studi che siano in grado di determinare se la disbiosi intestinale sia una causa o una conseguenza della comparsa della celiachia o di altri disturbi glutine-correlati, così come delle analisi approfondite in grado di chiarire come differenti ceppi batterici siano in grado di influenzare la salute gastrointestinale di questi pazienti. In attesa di questi risultati, rimane il fatto che i cosiddetti “modulatori del microbiota intestinale”, quali pro- e pre-biotici, costituiscano un tassello fondamentale delle future terapie personalizzate.
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